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Viaggio in Siria

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Il viaggio

Roberto Antonini e Dario Bosio propongono un diario multimediale dal Nord della Siria, un territorio grande circa un terzo del paese che fino a poco tempo fa è stato governato da Daesh (acronimo arabo), o Isis (acronimo inglese) , il cosiddetto Stato islamico.
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Con la caduta di Baghouz in marzo, la ribellione jihadista ha perso il controllo del territorio (che si estendeva anche al nord dell’Iraq nella regione di Mossul) ma è ancora molto attiva e non passa giorno senza che si registrino attentati, agguati, uccisioni, sequestri.

Raqqa, ai tempi capitale del Califfato, Kobane e i campi di internamento delle famiglie dell’Isis saranno in questi giorni le tappe di un viaggio che mira anche a verificare la gestione di quest’area più vasta della Svizzera a ridosso delle frontiere turca e irachena e che è governata dalle forze democratiche siriane (SDF) a maggioranza curda.
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5° giorno - venerdì

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E’ un piccolo villaggio nuovo di zecca, immerso nei campi di frumento delle pianure del nord della Siria. Si chiama Jinwar che in curdo significa il luogo delle donne. E in effetti qui vivono solo donne e bambini. Off limits per gli uomini. 

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Un tentativo per vivere in una società senza violenza e che promuova valori di parità di genere e rispetto. Un villaggio per molti versi rivoluzionario, in un’area colpita da anni di guerra. Femministe, donne che hanno subito la violenza del marito, vedove di guerra, hanno deciso di vivere in armonia in un ambiente solidale e in autonomia economica, grazie all’agricoltura.
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Un esperimento in atto da un paio di anni che all’apparenza funziona molto bene. In questo reportage la parola alle donne che hanno chiaramente deciso di voltare pagina.
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4° giorno - giovedì

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Al-Qamishli, alla frontiera con la Turchia avrebbe tutto per essere una città ricca e serena. Creata attorno alla stazione ferroviaria dell’Orient Express, sulla linea che da Istanbul portava a Baghdad , si trova in una delle zone più fertili dell’intero Medio Oriente e in un’area ricca di risorse petrolifere.
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Oggi Al-Qamishli è divenuta la città d’approdo dei rifugiati fuggiti dalle diverse zone di conflitto. In quella che è considerata la capitale amministrativa dell’area controllata dalle Sdf, le Forze Democratiche Siriane a maggioranza curda, vivono centinaia di migliaia di persone, in particolare ma non solo di etnia curda, costrette a ricominciare lì una vita, spesso in condizioni molto precarie. Al-Qamishli è emblematica della confusione istituzionale politica che attraversa in questi tempi la Siria: la città è in mano ai ribelli anti-Assad, ma alcune sue parti, aeroporto e posti di frontiera con la Turchia, sono sotto il controllo delle forze regolari siriane.

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Anche qui, seppur in misura minore rispetto a Raqqa le cellule dormienti dello Stato Islamico (Isis) compiono attentati a cadenza regolare. In questa quarta tappa vi proponiamo alcune istantanee sia del viaggio verso nord che ci ha condotto da Raqqa a Al-Qamishli, sia di alcuni rifugiati molto diversi per origine, etnia e idee politico-religiose.
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3° giorno - mercoledì

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Una città che sembra maledetta dalla storia. Raqqa fissata nella memoria come capitale del Califfato e dei suoi orrori, oggi è ridotta a un ammasso di macerie per effetto dei bombardamenti con i quali le forze alleate hanno posto fine allo Stato Islamico.
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La terza tappa ci conduce proprio lì, in quella città azzerata dalla guerra, ad incontrare alcuni suoi abitanti: da Abood, il ragazzo a cui l’Isis ha mozzato la mano sinistra come punizione per un furto, a Leila Mustafa, sindaca coraggio, giovane donna non velata che sfida la tradizione e le minacce di morte dei fondamentalisti.
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Avvolta dal caldo torrido e dalla polvere delle macerie, Raqqa assume le sembianze di un’entità ostile, come se incarnasse i mali della nostra epoca. Un’entità dove la speranza è ridotta al lumicino.

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2° giorno - martedì

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All’entrata di Kobane un grande mausoleo ricorda le migliaia di martiri uccisi in quella che per i curdi fu una battaglia campale dal valore storico.

La battaglia che si concluse nel gennaio del 2015 dopo 13 mesi di assedio, segnò la prima sconfitta di Daesh, lo Strato Islamico.

Il prezzo pagato fu tuttavia altissimo per questa capitale morale della regione del Rojava, nel nord della Siria: interi quartieri rasi al suolo, migliaia di morti.
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Le stigmate della guerra sono ancora molto presenti, un intero quartiere a ridosso della frontiera con l’odiata Turchia rimarrà come è ora, distrutto, ma cintato sarà un grande museo all’aperto per ricordare gli orrori della guerra.

La battaglia segnò l’emergere delle YPG, le unità di protezione popolare, le milizie curde che oggi hanno assunto il comando de facto della SDF, le forze democratiche siriane che governano in quello che fu fino al 2017 il Califfato.
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A Kobane si respira aria di ricostruzione come in nessun altro dei posti finora visitati.

L’economia è chiaramente in ripresa, vi sono molti cantieri, si ricostruisce ovunque, come in uno dei quartieri più poveri dove è sorta la Kani Kurdan Elementary School, costruita tra l’altro grazie ai fondi raccolti in Ticino dal Comitato per la ricostruzione di Kobane.

Una scuola che ospita 410 allievi, tutti – ci ha confidato il direttore Osma Mudris, profondamente segnati dai traumi del conflitto.
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1° giorno - lunedì

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Rojava, la terra dove scende il sole, un’area grande più della Svizzera, circa un terzo di tutto il territorio siriano. E’ qui, nell’ex califfato proclamato da Abou Bakr Al Baghadi nel 2014 che si sta compiendo un esperimento politico inedito e forse effimero.

E’ qui che le forze curde (anche se formalmente solo maggioritarie nel nelle Forze Democratiche Siriane -SDF-) stanno cercando di creare un governo sostanzialmente laico, basato su giustizia sociale e giustizia di genere.
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La realtà naturalmente è più complessa dei proclami. Anche perché l’Isis, pur senza controllare il territorio, continua a seminare terrore mentre forze governative siriane e forze turche a nord non sono intenzionate a vedere nascere un’entità curda.

Riusciranno curdi (circa mezzo milione) e arabi (tre volte più numerosi) ad accantonare le loro divergenze e differenze per vivere assieme?
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La scommessa è ad alto rischio e in questo viaggio tra macerie e investimenti , tra terrore dell’Isis e speranze di un futuro di pace, a Raqqa, Al-Qamishli o Kobane (dove la ricostruzione porta anche un’impronta ticinese), cercheremo di capire i contorni del processo di pacificazione e ricostruzione di un paese condizionato dagli equilibri regionali e mondiali.

Un viaggio che inizia nel nord dell’Iraq (Kurdistan iracheno) , unica possibilità per entrare nel nord della Siria, controllata dai ribelli anti Assad che hanno recentemente sconfitto l’Isis ponendo fine al califfato islamico.
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I protagonisti

Responsabile dell’approfondimento culturale della Rete Due della Radiotelevisione della Svizzera Italiana e giornalista dal 1984, è stato corrispondente dagli Stati Uniti per la radio Svizzera Romanda dal 1995 al 2001. Ha ricoperto poi la carica di Capo dell’Informazione della Radio Svizzera fino al 2007.

Tra i premi conferitigli per la sua attività giornalistica, il Prix Suisse 1999 (per il documentario “Huntsville, Texas”), il “Grand Prix du Journalisme des Radios Publiques de Langue Française (per il documentario “Dans les couloirs de la mort”), il “Premio Carla Agustoni “ attribuitogli nel 2009 per un reportage dalla striscia di Gaza e nel 2012 il premio dell’Associazione Ticinese di Giornalismo per il  documentario “La solitudine del numero 19”.
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Ha conseguito una laurea in giornalismo, un master in antropologia visuale e ha studiato fotografia documentaria e videomaking presso DMJX, Danimarca. Si occupa principalmente di migrazioni.

Co-produttore del web-documentario Map of Displacement, ha collaborato con alcuni dei più prestigiosi media nel mondo (tra cui TIME, Conde Nast, Internazionale, Al Jazeera, Politiken, British Journal of Photography, RSI) e importanti ONG (Emergency, Save the Children)

Nel 2016 ha co-fondato DARST, uno studio d'arte nomade per progetti di documentari. Attualmente insegna reportage all'Istituto Europeo di Design (IED) di Torino.


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(hanno collaborato Gianluca Blefari e Chiara Sulmoni)







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